Dio non lascia solo l’uomo peccatore neppure un momento.

All’uomo, pertanto, non resta che accogliere lo sguardo di Cristo rivolto verso di lui, lasciarsi amare da lui.

 

«Il Signore, il Signore Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni» (Es 34,6). Dio è Amore infinito; è sempre disposto al perdono per l’uomo pentito che ritorna a lui: «Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Egli non (…) conserva per sempre il suo sdegno. Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe» (Sal 103,8-10). E l’amore di Dio non è un sentimento passeggero ma una costante della sua verità: è la tenerezza di un padre che si fa perdono fedele e immutabile. Gesù dà conferma di questa qualità di Dio: egli infatti nasce, vive e muore per amore. Annunciare la misericordia di Dio e recare il perdono all’uomo peccatore è il senso della sua esistenza di morte e risurrezione: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti in remissione dei peccati» (Mt 26,28).

Al primo posto c’è sempre la scoperta dell’amore misericordioso di Dio; non è l’uomo peccatore che inizia a prendere coscienza del suo peccato, al punto da provarne una disperazione abissale, dalla quale lo solleverebbe comunque il manifestarsi della misericordia di Dio. Basta guardare il comportamento di Gesù verso l’uomo colpevole: egli non comincia mai col denunciare frontalmente il suo peccato. Gli incontri di Gesù con la donna peccatrice, con l’adultera, con Zaccheo rivelano il suo stile; l’intera sua vita è rivelazione della volontà d’amore del Padre e desiderio divino di salvare l’uomo dalla morte per ricondurlo alla vita. Davanti all’abbondanza del dono dell’Amore l’uomo peccatore è reso capace di ri-conoscere il proprio peccato e di accogliere il perdono divino.

La scoperta della misericordia precede il riconoscimento del peccato. Proprio la rivelazione di un amore infinito getta una luce incomparabile sulla debolezza dell’uomo. In questo senso, quindi, il perdono e la misericordia di Dio svelano il peccato: più l’uomo si avvicina a Dio più si scopre peccatore. Ma c’è un legame ancora più intimo e profondo tra l’amore e il peccato; in un unico atto Dio perdona e l’uomo conosce e si scopre peccatore: il perdono fa conoscere il peccato. Avviene per la misericordia divina ciò che si registra con la luce che inonda la casa e, per contrasto, mette in risalto le tenebre, respingendole. La luce divina comunica all’uomo peccatore una conoscenza pratica del suo peccato per il fatto stesso che lo perdona; il peccato è così identificato, localizzato. Non si tratta di una conoscenza astratta del peccato, ma interna all’esperienza della misericordia salvifica di Dio. Il peccato è nella mia esistenza; non è semplicemente un gesto, un pensiero, una parola, una pigrizia voluta: è ciò che mette in gioco totalmente la mia vita. Ho bisogno, pertanto, della misericordia di Dio, del suo perdono; non posso salvarmi da solo; ho bisogno dell’amore liberante di Dio in Cristo.

Misericordia, quindi, è parola sgorgata dall’ Amore; essa non ha alcuna ragione al di fuori dell’Amore; la gratuità dell’Agàpe si fa perdono nel volto del Figlio. È l’esperienza di Pietro, che si incontra con l’Amore perdonante: «E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto» (Lc 22,60-61). Nel momento in cui l’uomo rinnega Dio e commette il peccato, Cristo volge lo sguardo verso l’uomo peccatore che, in quell’istante, prende coscienza della sua infedeltà. Dio non lascia solo l’uomo peccatore neppure un momento. All’uomo, pertanto, non resta che accogliere lo sguardo di Cristo rivolto verso di lui, lasciarsi amare da lui. L’esperienza del «per-dono» di Dio va perciò al di là della semplice logica umana: fa parte del suo mistero.

Fonte: Andrea Mariani, Dieci Parole per un cammino di gioia, EDB

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