Dice Gesù: “La lezione, a te e agli altri, te la danno le cose che vedi. È lezione di umiltà, di rassegnazione e di buona armonia. Preposta ad esempio a tutte le famiglie cristiane, e specie alle famiglie cristiane di questo speciale e doloroso momento.

Tu hai visto una povera casa. E quel che è doloroso, una casa povera in paese straniero.

Giuseppe e Maria avevano Me, Dio Vero, per Loro Figlio, eppure non ebbero neppure il povero bene d’esser poveri ma nella loro patria, nel paese dove erano conosciuti, dove almeno c’era una casetta “loro”, e il pensiero dell’alloggio non c’era a mettere un assillo fra i tanti, nel paese dove, per essere conosciuti, era più facile trovare lavoro e provvedere alla vita.

Con la nostalgia del paese e della casa, col pensiero di quella povera roba lasciata là, dell’orticello dove più spesso provvede, forse alla vite e al fico e alle altre utili piante. E con la necessità di provvedere al vitto quotidiano, alle vesti, al fuoco giorno per giorno, a Me, bambino al quale non può essere dato il cibo che è lecito dare a se stessi. E con tante pene in cuore. Per le nostalgie, per l’incognita del domani, per diffidenza della gente che è restia, specie nei primi tempi, ad accogliere le offerte di lavoro di due sconosciuti.

Eppure l’hai visto. In quella dimora aleggia serenità, sorriso, concordia e di comune accordo si cerca di farla più bella. Non vi è che un pensiero: quello che a Me, Santo, sia resa meno ostile la terra, meno misera a Me che vengo da Dio. Amore di credenti e di parenti che si estrinseca in mille cure che vanno dalla capretta, acquistata con tante ore di lavoro in più, ai piccoli giocattoli intagliati negli avanzi del legno, ai frutti presi per Me solo, negando a sé un boccone di cibo.

 

In quella casa non vi sono nervosismi, bronci, visi scuri e non vi è rimprovero reciproco e tanto meno verso Dio che non li colma di benessere materiale. Giuseppe non rimprovera a Maria d’esser causa del suo disagio e Maria non rimprovera a Giuseppe di non saperle dare un maggiore benessere. Si amano santamente, ecco tutto, e perciò la loro preoccupazione non è il proprio benestare ma quello del coniuge. Il vero amore non conosce egoismo. E il vero amore è casto, anche se non è perfetto nella castità come quello dei due vergini sposi. La castità unita alla carità porta seco tutto un corredo d’altre virtù e perciò fa, di due che si amano castamente, due perfezioni di coniugi.

In quella casa si pregava. Troppo poco si prega nelle case ora. Si alza il giorno e cala la notte, si iniziano i lavoro e vi sedete alla tavola senza un pensiero per il Signore che vi ha permesso di vedere un nuovo giorno di poter giungere ad una nuova notte, che ha benedetto le vostre fatiche e concesso che vi divenissero mezzo a conquistarvi quel cibo, quel fuoco, quelle vesti, quel tetto che pur sono necessari alla vostra umanità.

In quella casa vi è frugalità. Vi sarebbe anche se il denaro non mancasse. Ci si nutre per vivere, non ci si nutre per far godere la gola, con insaziabilità di ingordi e con capricci di golosi che si empiono fino ad appesantirsi e sprecano sostanze in cibi costosi senza un pensiero per chi di cibo è scarso o è privo, senza riflettere che se essi avessero moderazione, molti potrebbero essere sollevati dal morso della fame.

In quella casa si ama il lavoro. Lo si amerebbe anche se il denaro fosse abbondante, poiché nel lavoro l’uomo ubbidisce al comando di Dio e si libera dal vizio che come edera tenace stringe e soffoca gli oziosi, simili a massi immobili. Buono il cibo, sereno il riposo, contento il cuore quando uno ha ben lavorato e si gode il suo tempo di sosta fra un lavoro e l’altro. Non alligna, nella casa e nella mente di chi ama il lavoro, il vizio dalle molteplici facce. E, non allignando questo, prospera affetto, la stima, il rispetto reciproco e crescono in una atmosfera pura i teneri virgulti, che divengono così origine di future famiglie sante.

In quella casa regna l’umiltà. Quanta lezione di umiltà per voi superbi! Maria avrebbe avuto, umanamente, mille e mille ragioni di insuperbirsi e di farsi adorare dal coniuge. Tante fra le donne lo fanno soltanto per essere un poco più colte, o di natale più nobile, o di borsa più ricca del marito. Maria è Sposa e Madre di Dio eppure serve – non si fa servire – il coniuge, ed è tutta amore per lui. Giuseppe è il capo di casa, eppure è sollecito ad alleviare a Maria fatiche e lavori e le più umili occupazioni di una casa le fa lui perché Maria non si affatichi, non solo, ma la ricrea e si industria a farle comoda la casa e lieto di fiori l’orticello.

In quella casa è rispettato l’ordine soprannaturale, morale, materiale. Dio è il Capo Supremo e a Lui viene dato il culto e amore: ordina soprannaturale. Giuseppe è il capo della famiglia e a lui viene dato affetto, rispetto e ubbidienza: ordine morale. La casa è un dono di Dio come le vesti e le suppellettili. In tutte le cose è la Provvidenza di Dio che si mostra. La casa, le vesti, le suppellettili vanno accolte con gratitudine, benedicendo la mano divina che le fornisce e trattandole con rispetto come dono del Signore: ordine materiale.

Meditatele o voi tutti che ora tanto soffrite per aver mancato in tante cose verso Dio e fra queste anche in quelle in cui non mancarono ma i santi Sposi che mi furono Madre e padre”.

(Cfr.”Il poema dell’Uomo-Dio” di Maria Valtorta Vol.1 – La preparazione)

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