Riportiamo di seguito uno stralcio dell’Omelia del Beato Giovanni Paolo II in occasione della Domenica delle Palme del 1989.

Le sue parole ci sono sembrate alquanto attuali ed incoraggianti per il nostro cammino di giovani. Testimoniare la fede è un’esigenza del cuore che non può tacere di fronte alla Verità ricevuta. Sarebbe come rinnegare quel Gesù che ha trasformato il nostro cuore, quel Gesù che ha dato un senso e una direzione alla nostra vita, quel Gesù presente nell’Eucaristia che tanta grazia ci dona in adorazione.

Tacere sarebbe come voltare le spalle alla nostra dolcissima Madre del Cielo che con il Suo Amore ci ha giudati fin qui.

Meditiamo insieme il testo …

“Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre” (Lc 19, 40).

Così Gesù ha risposto quando gli è stato chiesto di far tacere i suoi discepoli, venuti con lui a Gerusalemme: “rimprovera i tuoi discepoli” (Lc 19, 39).

Gesù non li ha rimproverati.

Non impedisce alla folla, che – mentre Egli scendeva dal monte degli Ulivi – lo saluti gridando: “Osanna”! […]

E Gesù non si allontana da loro. Non fa divieti. Non fa tacere coloro che gridano. Non impedisce quelli che stendono i loro mantelli sulla strada. C’è di più, risponde ai farisei: “Se questi taceranno, grideranno le pietre”.

Gesù sa che è venuto il tempo perché si faccia sentire questo grido presso le porte di Gerusalemme. Egli sa che, ormai, è “venuta la sua ora”.

 Questa ora – la Sua ora – è scritta eternamente nella storia d’Israele. Ed è pure iscritta nella storia dell’umanità, così come Israele è iscritto in questa storia: il popolo eletto! […]

“Benedetto il re che viene nel nome del Signore”.

Pronunciano queste parole le labbra dei figli e delle figlie di Israele! Questo popolo aspetta una nuova venuta di Dio, una nuova liberazione. Questo popolo aspetta il Messia, l’unto di Dio, in cui è la pienezza del Regno di Dio tra gli uomini. […]

Il Messia doveva significare la pienezza del Regno di Dio tra gli uomini.

E forse anche il regno terreno? E forse anche la liberazione dalla schiavitù di Roma?

Gli uomini che cantano: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore”, rendono testimonianza alla verità. Non viene forse da Dio Colui che ha rivelato tra di loro tanti segni della potenza di Dio? Colui che negli ultimi giorni ha fatto risorgere Lazzaro?

Benedetto! . . .

Rendono testimonianza alla verità. Non poteva mancare questa testimonianza. Se essi dovessero tacere, allora griderebbero le pietre.

Gesù entra a Gerusalemme mentre risuona questa testimonianza. Va verso la sua “ora”, quando si rivela la pienezza del Regno di Dio nella storia dell’uomo.

Egli stesso porta in sé questa pienezza. Egli è inizio del Regno di Dio in terra. Il Padre stesso gli ha dato questo Regno. Esso deve crescere da lui e per lui tra gli uomini, permanere e svilupparsi in tutta la famiglia umana.

Gesù conosce bene la strada che conduce a lui.

Egli sa che “essendo di natura divina” (Fil 2, 6) doveva “spogliare sé stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (cf. Fil 2, 7).

Sa che egli – Figlio della stessa sostanza del Padre, “Dio da Dio, Luce da Luce”, ed in pari tempo vero uomo, “apparso in forma umana” (Fil 2, 7) deve “umiliare se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (cf. Fil 2, 8).

Gesù sa che proprio questa è la sua “ora”. Che questa “ora” è ormai vicina. Infatti proprio per essa – per questa “ora” – egli è “venuto al mondo” (cf. Gv 12, 27).

Nella sua umiliazione, nella sua Croce, nella sua morte obbrobriosa Dio – “Colui che è” –passerà per la storia dell’uomo. Passerà – molto più di quanto sia passato nella notte dell’esodo dalla schiavitù di Egitto.

E, ancor meglio, libererà.

Proprio mediante questa obbedienza filiale, fino alla morte: libererà.

Questa sarà la liberazione dal male fondamentale, che, a partire dalla “disobbedienza” originaria, grava sull’uomo come peccato – e come morte.

Quindi le labbra degli uomini annunziano la verità; le voci dei giovani rendono testimonianza alla verità.

“Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore”.

Ciò avverrà – tra qualche giorno – quando il re sarà coronato di spine e lo vedranno agonizzare sulla Croce che reca la scritta: “Questi è Gesù, il re dei Giudei” (cf. Mt 27, 37).

Ma proprio attraverso questo scherno, attraverso questo obbrobrio passerà: Colui che è.

Passerà molto di più, ancor più definitivamente che nella notte della prima pasqua in Egitto.

Passerà per la tomba, in cui deporranno il Crocifisso. E si rivelerà nel segno più grande: nel segno della morte vinta dalla Vita.

Veramente la stessa pienezza divina del regnare è racchiusa in questo segno. Cristo segue la sua “ora”. È l’ora della esaltazione:

“Per questo Dio l’ha esaltato

e gli ha dato il nome che è al di sopra

di ogni altro nome” (Fil 2, 9).

“Benedetto colui . . . che viene nel nome del Signore”.

Da quel tempo, dalla sua Risurrezione, Cristo vive.

E “viene nel nome del Signore” alle generazioni umane sempre nuove con il suo mistero pasquale.

In lui permane, fino alla fine del mondo, la venuta di Dio: di Colui che è.

Voi tutti che siete riuniti alla Pasqua della nuova ed eterna alleanza – voi soprattutto giovani – state attorno a Gesù Cristo nel corso della settimana santa. Nel corso di questi prossimi giorni, che racchiudono in sé una particolare memoria della “sua ora”.

È bene che voi siate qui per “lodare Dio” nel mistero del passare pasquale attraverso la storia dell’uomo.

È bene che si faccia sentire la vostra voce.

Veramente! Se voi tacerete grideranno le pietre.[…]

Colui che È – Dio,

il Dio Vivo, aspetta la vostra voce; la voce degli uomini vivi, 

la voce dei giovani!

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